12 FEBBRAIO Accademia dei Concordi h.17.00I CAPOLAVORI DELLA MUSICA DA CAMERA

MATTEO TRENTIN, oboe
GLAUCO BERTAGNIN CLAUDIA LAPOLLA, violini
LUCA MARZOLLA, viola
LUIGI PUXEDDU, violoncello

12 FEBBRAIO - Accademia dei Concordi h.17.00I CAPOLAVORI DELLA MUSICA DA CAMERA

MATTEO TRENTIN, oboe
GLAUCO BERTAGNIN CLAUDIA LAPOLLA, violini
LUCA MARZOLLA, viola
LUIGI PUXEDDU, violoncello

PROGRAMMA

W. A. MOZART (1756-1791) Quartetto in Fa maggiore per oboe e archi
K1 370 (K6 368b) (1781) Allegro (fa maggiore)

Adagio (re minore)
Rondò. Allegro (fa maggiore)

L. VAN BEETHOVEN (1770-1827) Quartetto per archi n. 7
in Fa maggiore, op. 59 n. 1 “Razumowsky” (1806)

Allegro
Allegretto vivace e sempre scherzando  Adagio molto e mesto
Tema Russo – Allegro

Fa maggiore: è la tonalità che unisce i due capolavori in programma, con quel sapore fresco e insieme elegiaco che la contraddistingue. È la stessa tonalità della Pastorale di Beethoven, nata poco dopo i Quartetti op. 59. Proseguendo sulla scia delle analogie, sia il mozartiano Quartetto K 370 che il celeberrimo Quartetto op. 59 n. 1 di Beethoven si trovano in un punto di snodo del percorso artistico dei rispettivi autori: Mozart era alla vigilia di presentare le sue dirompenti dimissioni all’Arcivescovo Colloredo; la clamorosa decisione maturò durante il suo soggiorno a Monaco per il debutto di Idomeneo (1781), dove Mozart ebbe modo di frequentare ed apprezzare Friedrich Ramm, straordinario oboista della celebrata orchestra di Mannheim, che lo convinse a scrivere per questo strumento. Nacque così il Quartetto K 370, opera paradigmatica di un classico e sopraffino equilibrio, culminante in un Adagio potentemente espressivo, che esaltava quella «pienezza del sentimento» di cui Ramm era capace. Quanto a Beethoven, i tre Quartetti op. 59 (1805- 1806) rappresentano una decisa svolta nel segno di una piena e potente autonomia espressiva rispetto ai modelli haydniani e mozartiani. Sono noti come Quartetti Rasumowski, perché dedicati all’omonimo conte, ambasciatore dello zar a Vienna, ma al contempo mecenate e violinista egli stesso, attivo nel quartetto Schuppanzigh, che commissionò a Beethoven questi quartetti, auspicando che contenessero anche temi russi. Dei tre, il primo è sicuramente il più monumentale, ed anche qui il culmine emotivo è l’Adagio molto e mesto, una lenta marcia funebre, riguardo alla quale il musicista appuntò un’immagine nel suo taccuino: «Un salice piangente o un’acacia sulla tomba di mio fratello».

A interpretare queste opere, cinque musicisti di indubbio valore, tutti legati a Rovigo: l’oboista Matteo Trentin è rodigino, e dopo il diploma al Conservatorio Venezze ha avviato una prestigiosa carriera, come primo oboe nelle Orchestre del Teatro Regio di Torino, poi del Teatro Comunale di Bologna, e dal 2019 dell’Opera National de Lyon. Glauco Bertagnin, dal 1981 altro primo violino de I Solisti Veneti, è un artista ben noto e ammirato dal nostro pubblico, come pure Claudia Lapolla, ormai rodigina d’adozione, mentre è nato a Rovigo Luca Marzolla, brillante allievo di Bertagnin, attualmente in forza all’Orchestre Philarmonique de MonteCarlo; quanto a Luigi Puxeddu, la sua versatile attività di strumentista e direttore artistico non ha certo bisogno di presentazioni.

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